A Legnano l’imprenditrice che ascolta le donne.
Al Castello di Legnano il sindacato Uil ha dato voce a diverse esperienze di lavoratrici donne e mamme. L’imprenditrice Valeria Colombo ha dato una nuova organizzazione all’azienda per rispondere alle esigenze delle dipendenti
Un convegno per fare una fotografia realistica rispetto alle pari opportunità che le donne vivono tutti i giorni nei luoghi di lavoro, provando anche a ipotizzare possibili proposte e soluzioni. Questa mattina, 6 marzo, alla sala Previati del Castello di Legnano il sindacato Uil con il patrocinio del Comune ha dato voce a diverse esperienze di donne e mamme lavoratrici e imprenditrici con «l’obiettivo – ha spiegato Luigi Tripodi, coordinatore Confederale UIL per il Territorio Legnano Magenta Abbiategrasso – di fare emergere qualche riflessione e proposta concreta e migliorare le condizioni lavorative della donna che portano l’Italia ad avere il tasso di occupazione femminile più basso tra gli Stati dell’Ue».
Un dibattito stimolante dal quale è emersa la richiesta, avanzata all’assessora Ilaria Maffei, di farsi portavoce di un’azione di coordinamento tra Sindacati, Confindustria e la Commissione Pari Opportunità del Comune per mettere sul tavolo le esperienze positive emerse durante la mattinata e condividerle con altre realtà locali.
L’imprenditrice: “Lavorare anche meno ma meglio”
Tra le esperienze raccontate spicca quella di un’imprenditrice locale, Valeria Colombo, titolare dell’azienda manifatturiera di Rescaldina Colombo Srl, socia di Confindustria, che ha fatto una scelta coraggiosa, prima rimodulando l’orario delle sue dipendenti impiegate nell’area amministrativa, poi addirittura riducendo per alcune di loro il tempo lavorativo a 6 ore giornaliere (invece di 8). Questo per rispondere alle esigenze familiari delle sue collaboratrici, tutte donne e con famiglia e figli da gestire.
Non solo la scelta è stata vincente ma, mettendo le donne nella condizione di lavorare in condizioni favorevoli, è stato riscontrato anche un miglioramento nel lavoro: «La prima volta che ho pensato di apportare queste novità, quindici anni fa, non ebbi l’appoggio dei miei consulenti. Grazie al sostegno di mia sorella, con il tempo abbiamo deciso di provarci – racconta l’imprenditrice -. Abbiamo diviso il lavoro in gruppi,
alternandoli a cadenza settimanale o in base alle esigenze, eliminando la pausa pranzo; alcune dipendenti entrano ed escono prima, altre entrano ed escono dopo, riuscendo così a coprire l’orario lavorativo fino alle 17.30».
Il cambiamento non è stato immediato: «Ci siamo presi del tempo per sperimentare questa nuova organizzazione – spiega Colombo – e al termine di questo periodo abbiamo messo da parte ogni dubbio e perplessità. Sono stati poi introdotti alcuni part-time di 6 ore, aggiustando lo stipendio senza diminuirlo drasticamente e abbiamo riscontrato la stessa efficienza di quando si lavorava full time. Inoltre abbiamo mantenuto lo smart-working per un paio di giornate, laddove ce n’è l’esigenza».
La nuova organizzazione ha così portato benefici a tutti: «Per trovare una soluzione migliorativa che faccia stare bene tutti – è il consiglio dell’imprenditrice – servono buon senso, fiducia oltre a molta flessibilità. Questo è possibile in un reparto amministrativo, mentre è più difficile in un comparto produttivo dove è possibile comunque intervenire, ad esempio introducendo figure lavorative femminili. Serve un cambio di cultura da parte di tutti».
“Da sola con tre figli, riesco a gestirli grazie allo smart-working”
Durante la mattinata sono state portate anche altre preziose testimonianze di due dipendenti Uil. La prima è quella di una mamma sola con tre figli a carico che grazie a una segreteria attenta alle esigenze delle donne è riuscita ad ottenere lo smart working nel pomeriggio: «Grazie a questa flessibilità riesco ad andare a prendere i miei figli a scuola e a seguirli per i compiti. Quando ero libera professionista – racconta – ero costretta a portarmi al lavoro il mio piccolo e vi assicuro che non è stato facile». Purtroppo in altri settori lavorativi lo smark working o la rimodulazione degli orari lavorativi non rappresentano una soluzione. Dora, di Uil Trasporti, ha dato voce alle lavoratrici che prestano servizio di pulizia negli ospedali con stipendi troppo bassi per mantenere una famiglia. Lei fa parte anche in un comitato per le case popolari e aiuta le tante donne sole con figli che una casa non se la possono permettere e finiscono per occupare alloggi.